de/di Calos Alcorta
(trad. Marcela Filippi)
No trato de evadirme de la realidad
con el fervor cordial de la embriaguez
o invocando un pasado ficticio que me exima
de mis responsabilidades —soy
plenamente consciente de todos mis defectos—,
eso podría ser un síntoma de inmadurez
o de enfermiza vanidad, mal vista
en un hombre de mis años,
pero creo que me he ganado el derecho a guardar
distancia con los acontecimientos
que no me atañen directamente
(sí, claro que he oído hablar sobre el efecto mariposa):
la caída imprevista de la Bolsa
el descenso imparable del turismo
o una nueva derrota de Los Angeles Lakers,
por citar algunos ejemplos.
He perdido ya demasiadas cosas
en mi voluntariosa batalla con el mundo,
en mi propósito de comprender
la vida transcribiendo la experiencia
en hojas de papel ya amarillentas
y estoy cubierto de cicatrices
que ya no sé disimular.
Pensé que lo entenderías.
por eso me descorazona
comprobar que esperabas
de mí un cambio de actitud
que compensara tantos sinsabores recientes,
como si tu dolor no fuera el mío
o nuestros sentimientos se expresaran
en un lenguaje inentendible,
más propio de gnomos o de mascotas.
Un abismo separa la apariencia
exterior de la situación interna,
lo comprobamos a menudo
en las confesiones a posteriori.
Uno no puede renunciar a lo que ha sido.
La voluntad es maleable, lo saben bien los pecadores
como yo, y nuestros enemigos
más conspicuos, esos que conocen
nuestras debilidades, la doblegan
para hacernos codiciar lo que solo
existe en nuestra imaginación
y nos hace caminar desnortados
hacia un abismo sin historia.
Desconozco si el poder terapéutico
de la venganza que con tanta maña
empleó Shakespeare en sus dramas
isabelinos resulta efectivo
cuando se trata de vengarse de uno mismo.
Ahora, el peso del presente me arrastra hacia ese fondo
que vislumbro a través de una ventana
a ras de suelo. Piernas de viandantes
y ruedas de automóviles, no nubes
lentas y frágiles como un zepelín
visto desde el balcón del sueño,
era lo que igualaba
esa luz que rebota del asfalto
y en la que yo confío para verte sin aderezos,
en tu esplendor y en tu desdicha.
Esta desorientada claridad
que repta por tu espalda, silenciosa
igual que un frágil párpado, y se arrincona herida
mortalmente en la pálida suavidad de tus senos
acomodados a la arena dominical
dibujando precarias sombras transparentes,
debió ponerme sobre aviso
de que la exultación que prometían
los buenos propósitos era falsa, antinatural,
no procedía de la floración
estacional de los magnolios,
de la blanca pureza de sus pétalos;
se parecía, más que a los jardines
del paraíso, a rutas de transporte desiertas
o a esos bares de carretera
donde conversaciones excitadas
por el vino ahogaban el estruendo
devastador de nuestra artillería
cayendo sobre las fábricas y las viviendas
de los obreros mientras masticábamos
cacahuetes salados por rutina.
Era un día festivo, intrascendente,
y yo debería haber transmitido
una imagen menos conservadora
de mí mismo, más fiel a mis instintos,
pero no supe darme cuenta de que aplacar
con hielo la cólera de Dionisio
me distanciaba de mis orígenes,
porque la mente y el cuerpo se encontraban
en lugares distintos. Quiero ser, pensaba,
no parecer, por eso he buscado sentido
a la vida a través de las palabras
aunque con desigual fortuna. Gracias a ellas,
puedo jurarlo, he sobrevivido a cientos
de fracasos. Incluso ahora que han perdido
buena parte de su significado
conservo la certeza de que decir amor
(¿qué es la vida sin el alivio del amor?,
se pregunta un Lowell meditabundo)
es sentir su verdad, y el eco de su nombre,
la dicha que promete, ha evitado
que me convirtiera en un muerto en vida.
Non tento di fuggire dalla realtà.
con il fervore cordiale dell'ebbrezza
o invocando un passato fittizio che mi scagioni
dalle mie responsabilità —sono
pienamente consapevole di tutti le mie carenze, dei miei limiti—,
ciò potrebbe essere un sintomo di immaturità
o di malata vanità, disapprovata
in un uomo della mia età,
ma penso di essermi guadagnato il diritto di mantenere
distanza dagli eventi
che non mi riguardano direttamente
(sì, certo che ho sentito parlare dell'effetto farfalla):
la caduta inaspettata della borsa
il declino inarrestabile del turismo
o una nuova sconfitta de Los Angeles Lakers,
per fare qualche esempio.
Ho già perso molte cose
nella mia volontaria battaglia con il mondo,
nel mio intento di comprendere
la vita trascrivendo l'esperienza
su fogli di carta già ingialliti
e sono coperto di cicatrici
che non si possono più nascondere.
Ho pensato che avresti capito,
ecco perché mi scoraggia
constatare che ti aspettavi
che cambiassi atteggiamento
che compensasse tanti recenti dispiaceri,
come se il tuo dolore non fosse il mio
o i nostri sentimenti si esprimessero
in un linguaggio incomprensibile,
più tipico degli gnomi o di animali domestici.
Un abisso separa l'apparenza
esteriore da quella interiore,
lo vediamo spesso
nelle confessioni a posteriori.
Non si può rinunciare a ciò che si è stati.
La volontà è malleabile, lo sanno bene i peccatori
come me, e i nostri nemici
più acerrimi, quelli che conoscono
le nostre debolezze, la piegano
per farci desiderare solo ciò che
esiste nella nostra immaginazione
e ci fa camminare smarriti
verso un abisso senza storia.
Non so se il potere terapeutico
della vendetta che con tanta abilità
Shakespeare usò nei suoi drammi
elisabettiani sia efficace
quando si tratta di vendicarsi su se stessi.
Ora, il peso del presente mi trascina verso quel fondo
che intravedo da una finestra
a livello del suolo. Gambe di viandanti
e ruote di automobili, non nuvole
lente e fragili come un dirigibile
visto dal balcone del sogno,
era ciò che equivaleva
quella luce che rimbalza dall'asfalto
nella quale confido di vederti senza abbellimenti,
nel tuo splendore e nella tua infelicità.
Questa chiarezza disorientata
che ti sale lungo la schiena, silenziosamente
come una palpebra fragile, e si accerchia ferita
mortalmente nella pallida morbidezza dei tuoi seni
accomodati nella sabbia domenicale
disegnando precarie ombre trasparenti,
avrebbe dovuto avvertirmi
che l'esultanza che promettevano
le buone intenzioni era falsa, innaturale,
non proveniva dalla fioritura
stagionale delle magnolie,
dalla bianca purezza dei suoi petali;
sembrava, più che ai giardini
del paradiso, alle vie di trasporto deserte
o a quei bar di strada
dove conversazioni eccitate
dal vino affogavano il fragore
devastante della nostra artiglieria
cadendo sulle fabbriche e sulle case
degli operai mentre masticavamo
arachidi salate d'abitudine.
Era un giorno di festa, insignificante,
e io avrei dovuto trasmettere
un'immagine meno conservatrice
di me stesso, più fedele ai miei istinti,
ma non mi sono reso conto che placare
con ghiaccio la collera di Dioniso
mi allontanava dalle mie origini,
perché il corpo e la mente si trovavano
in luoghi diversi. Voglio essere —pensavo —
non sembrare, perciò ho cercato un senso
alla vita attraverso le parole
sebbene con variabile fortuna. Grazie a queste,
posso giurarlo, sono sopravvissuto a centinaia
di fallimenti. Anche adesso che hanno perso
gran parte del loro significato
serbo la certezza che dire amore
(cos'è la vita senza il sollievo dell'amore?
si domanda un Lowell pensieroso)
sia sentire la sua verità e l'eco del suo nome,
la gioia che promette, ha evitato
che diventassi un morto vivente.