venerdì 31 maggio 2019

Y TÚ EN ESE PAISAJE/E TU IN QUEL PAESAGGIO

(trad. Marcela Filippi)
                    “Memorias vagas, nada sino memorias"                                                                      (W. B. Yeats)  
No en los ríos, ni en la noche: en el lugar del pájaro,
donde defienda el vuelo su fugaz latitud destituida.

No en el recinto turbio de los peces
ni en la loca raíz de la mandrágora:
en la luz del verano y en la flor del jaguarzo
en donde agosto dicta sus capitulaciones,
las penumbras del lobo, la azul fosforescencia
que hay en su húmedo asedio
y en la inminencia blanca de su noche sin astros.

No en la ominosa trama tenaz de la mentira
ni en la precaria tierra yerma del desengaño:
en la fuente escondida que riega la palabra.

Allí, en la levadura de un sistema sumario
de cláusulas y arterias, en un mapa de arena
habita la memoria como una rosa efímera.

Y tú en ese paisaje.


                                        "Memorie vaghe, nient'altro che memorie" 
                                                                   (W. B. Yeats)

Non nei fiumi, né nella notte: in un luogo dell'uccello,
dove difenda il volo la sua fugace latitudine destituita.

Non nel recinto torbido dei pesci
né nella folle radice della mandragora:
nella luce dell'estate e nel fiore del cisto femmina
dove agosto detta le sue capitolazioni,
le penombre del lupo, la fosforescenza blu
che c'è nel suo umido assedio
e nella bianca imminenza della sua notte senza astri.

Non nella tenace e spregevole trama della menzogna
né nella precaria sterile terra del disinganno:
nella fonte nascosta che asperge d’acqua la parola.

Lì, nel fermento di un sistema sommario
di clausole e arterie, in una mappa di sabbia
abita la memoria come una rosa effimera.

E tu in quel paesaggio.

(del libro En un bosque extranjero)

TODOS HAN MUERTO/SONO TUTTI MORTI

de/di José Barroeta
(trad. Marcela Filippi)
Todos han muerto.
La última vez que visité el pueblo
Eglé me consolaba
y estaba segura, como yo,
de que habían muerto todos.
Me acostumbré a la idea de saberlos callados
bajo la tierra.
Al comienzo me pareció duro entender
que mi abuela no trae canastos de higo
y se aburre debajo del mármol.
En el invierno
me tocaba visitar con los demás muchachos
el bosque ruinoso,
sacar pequeños peces del río
y tomar, escuchando, un buen trago.
No recuerdo con exactitud
cuándo empezaron a morir.
Asistía a las ceremonias y me gustaba
colocar flores en la tierra recién removida.
Todos han muerto.
La última vez que visité el pueblo
Eglé me esperaba
dijo que tenía ojeras de abandonado
y le sonreía con la beatitud de quien asiste
a un pueblo donde la muerte va llevándose todo.
Hace ya tiempo que no voy al poblado.
No sé si Eglé siguió la tradición de morir
o aún espera.
Sono tutti morti.
L'ultima volta che ho visitato il villaggio
Eglé mi consolava
ed era sicura, come me,
che tutti fossero morti .
Mi sono abituato all'idea di saperli in silenzio
sotto terra.
All'inizio ho faticato a capire
che mia nonna non porta cesti di fichi
e che si annoia sotto il marmo.
In inverno
mi toccava visitare con gli altri ragazzi
il rumoroso bosco,
prendere piccoli pesci dal fiume
e stando all’ascolto, bere qualcosa.
Non ricordo con esattezza
quando hanno iniziato a morire.
Assistevo alle cerimonie e mi piaceva
mettere fiori sulla terra appena smossa.
Sono tutti morti.
L'ultima volta che ho visitato il villaggio
Eglé mi aspettava
disse che avevo occhiaie da abbandonato
e le sorrisi con la beatitudine di chi assiste
a un villaggio dove la morte va portando via tutto.
E’ da molto tempo che non vado al villaggio.
Non so se Eglé abbia continuato la tradizione di morire
o ancora aspetti.


mercoledì 29 maggio 2019

MA A CHI PARLO QUANDO PARLO DA SOLA?/¿A QUIÉN LE HABLO CUANDO HABLO SOLA?

di/de Patrizia Cavalli
(trad. Marcela Filippi)
Ma a chi parlo quando parlo da sola? Parlo a qualcuno che non sono io. In verità non si parla mai da soli. Sì, parlo a qualcuno che non sono io. E' un'immagine interiore nella quale convergono velocemente e in modo frammentario tutti. E' una figura volatile fatta di volti in mutazione. Visti di sbieco, ognuno di essi raccoglie una parola, e ogni parola si intona a loro. E' l'interlocutore ideale: passivo, attento, benevolo e disponibile. Sono in compagnia di tutti e difatti sono allegra sono allegra quando parlo da sola. Non vengo contraddetta, non chiedo risposte o commenti. E' la parola che ridonda, entusiasta del propio suono, che saluta tutti e il mattino.
¿A quién le hablo cuando hablo sola? Le hablo a alguien que no soy yo. En verdad uno nunca habla solo. Sí, le hablo a alguien que no soy yo. Es una imagen interior en la que todos convergen de forma rápida y fragmentaria. Es una figura volátil hecha de rostros mutantes. Vistos oblicuamente, cada uno de ellos recoge una palabra, y cada palabra se entona con ellos. Es el interlocutor ideal: pasivo, atento, benévolo y disponible. Estoy en compañía de todos y, de hecho, me siento feliz cuando hablo sola. Nadie me contradice, no pido respuestas ni comentarios. Es la palabra que redunda, entusiasta con su sonido, que saluda a todos y a la mañana.

(dalla seconda parte Varietà del libro con passi giapponesi, ed. Einaudi 2019)
.
.

sabato 25 maggio 2019

EL ÁRBOL DE LA PACIENCIA/L’ALBERO DELLA PAZIENZA

de/di Santos Domínguez Ramos
(trad. Marcela Filippi)
Y el Árbol de la Paciencia llevará su fruto Omar Faruk
He visto lo que vuelve: la lluvia de la tarde,
los pájaros del tiempo en las almenas,
su temblor amarillo,
la simiente de lava en los volcanes.
Secuencia de raíces o signos en el aire,
un relámpago quieto vibra en el horizonte:
es la música y llueve sobre el árbol en llamas,
de raíces amargas y frutos delicados.
Llueve sobre los muertos que no saben que llueve
y hay ángeles que tiñen de negro con sus alas
la claridad redonda de la luna.
Enfrían con su luto la luz del equinoccio,
el fulgor cenital de la pascua de marzo.
Igual que los eclipses,
destemplan los acordes naturales del mundo,
alteran la destreza rutinaria del tiempo.
Su canto de ceniza viaja por la secuela
azul de las galaxias,
corta como la nieve que afila los tejados
y arrasa los cimientos
y quema las pupilas del insomne.
E l'Albero della Pazienza porterà i suoi frutti Omar Faruk
Ho visto ciò che torna: la pioggia della sera,
gli uccelli del tempo sui bastioni,
il loro tremore giallo,
il seme di lava nei vulcani.
Sequenza di radici o segni nell'aria,
un lampo immobile vibra all'orizzonte:
è la musica e piove sull'albero in fiamme,
di radici amare e frutti delicati.
Piove sui morti che non sanno che piove
e ci sono angeli che tingono di nero con le loro ali
il chiarore rotondo della luna.
Raffreddano con il loro lutto la luce dell'equinozio,
il bagliore zenitale della pasqua di marzo.
Così come le eclissi,
disarmonizzano gli accordi naturali del mondo,
alterano la destrezza rutinaria del tempo.
Il loro canto di cenere viaggia attraverso la lesione
blu delle galassie,
taglia come la neve che affila i tetti
e rade al suolo le fondamenta
e brucia le pupille dell'insonne.