de/di Olalla Castro
(trad. Marcela Filippi)
El verdadero cordón, aquello que nos une a nuestras
hijas, es el miedo. Ser madre consiste en apartar
la idea de la pérdida como se apartan las
moscas con la mano; sabiendo que podemos
alejar su zumbido, pero siempre regresa.
Perséfone creció aislada de los dioses. Le revelé el secreto
que guardan las semillas, cómo se desplazan
con el viento y van en busca del agua,
del sol; cómo crecen sin manos que las planten.
Yo le enseñé a mi hija que, para seguir
adelante, la vida no os necesita. Le mostré el
moho que se extiende bajo la hojarasca y las
larvas que nacen en el centro del cadáver. «La
muerte es siempre un alimento», le dije.
Fuimos felices hasta que un día llegó Hades: falla bajo
los pies de Perséfone, boca abierta tragándose
a mi hija. Mientras caían, las plantas que estaba
recogiendo se separaron las unas de las
otras. Sin su mano menuda rodeándolas, ya
nada podía mantenerlas unidas. ¿Qué es un
ramo sino nuestro empeño en juntar lo que
no nació junto, en hacer de lo distinto un manojo
de flores?
Perséfone se hundió y todo se detuvo menos el miedo.
Los campos se secaron y los labios de los
niños se llenaron de grietas, como la que Hades había
abierto en mitad de aquel prado.
Tal y como mi hija se hundió bajo la tierra,
hundiría yo al mundo bajo el hambre. Hasta
que Zeus me escuchara y la trajera de vuelta.
Y, aunque Zeus me oyó, por argucias de Hades
mi hija tan solo regresa seis meses cada año. El
resto del tiempo vive allí abajo, donde acaricia
las manos de los muertos. Donde dicen que
es reina.
Cuando ella está, acerco al mundo el sol y la cebada
crece. Colmo de frutas las ramas de los árboles. Mi risa se
esparce por los campos y todo
reverdece. Aparto con las manos la idea de la
pérdida, sabiendo como sé que siempre regresa su zumbido.
Il vero cordone, quello che ci unisce alle nostre
figlie, è la paura. Essere madre consiste nel mettere
da parte l'idea della perdita così come si scacciano le mosche
con la mano; sapendo che possiamo
allontanare il loro ronzio, che ritornerà sempre.
Persefone crebbe isolata dagli dei. Le ho rivelato il segreto
che conservano i semi, come si spostano
col vento e vanno alla ricerca dell'acqua,
del sole; come crescono senza mani che li piantino.
Ho insegnato a mia figlia che, per andare
avanti, la vita non ci necessita. Le ho mostrato il
muschio che si estende sotto il fogliame e
le larve che nascono al centro del cadavere. «La
morte è sempre un alimento», le dissi.
Fummo felici finché un giorno arrivò Ade: falla sotto
i piedi di Persefone, bocca aperta inghiottisce
mia figlia. Mentre cadevano, le piante che stava
raccogliendo, si separarono
l'una dall'altra. Senza la loro piccola mano che le circondava,
niente ormai poteva tenerle unite. Che cos'è un
ramo se non il nostro impegno nell'unire ciò
che non è nato insieme, nel fare un fascio di ciò
che è diverso?
Persefone affondò e tutto si fermò, tranne la paura.
I campi si seccarono e le labbra dei bambini
si riempirono di crepe, come quella che Ade aveva
aperto in mezzo a quel prato.
Così com'era sprofondata mia figlia sotto la terra
io avrei fatto sprofondare il mondo nella fame. Fino a
che Zeus non mi ascoltasse e la riportasse indietro.
E, sebbene Zeus mi ascoltò, attraverso le arguzie di Ade
mia figlia torna solo sei mesi all'anno. Il
resto del tempo vive laggiù, dove accarezza
le mani dei morti. Dove dicono che
è regina.
Quando lei è qui, avvicino al mondo il sole e l'orzo
cresce. Colmo di frutti i rami degli alberi. La mia risata
si diffonde nei campi e tutto
diventa verde. Allontano con le mani l'idea della
perdita, sapendo, come so, che il suo ronzio ritornerà sempre.
(Del libro Las Escritas. XXI Premio de Poesía Vicente Núñez. Deputación de Cordoba Berenice, 2022)
Nessun commento:
Posta un commento