de/di Luis Alberto de Cuenca
(trad. Marcela Filippi)
Tiene Rusia el añejo sabor de la madera
del inhóspito bosque del Medievo.
Sus plazas fuertes fueron saqueadas por los tártaros
mil veces a lo largo de los siglos oscuros.
Su rostro muestra huellas de fatiga
fronteriza, cansancio de batallas,
ceño adusto y severo de icono bizantino.
Pero Rusia es Europa.
La última Europa, el limes de Occidente
con esa tierra lisa, de nadie, que es la estepa,
donde imperan las hordas a caballo
que invocan al dios Cielo.
Rusia es la fortaleza de la que habla Buzzati
en su novela más famosa, un territorio
simbólico compuesto, en mi memoria
selectiva, por Pushkin, por Gógol y por Chéjov,
por los cuentos y sagas recogidos
por Afanásiev, y por Dostoyevski,
que recogió la antorcha que le entregara Shakespeare,
y por esos anónimos juglares
que aún siguen componiendo sus épicas bilinas,
nobles vestigios de la Rusia eterna.
La Russia ha il sapore stagionato del legno
dell'inospitale bosco del medioevo.
Le sue roccaforti furono saccheggiate dai Tartari
mille volte nel corso dei secoli bui.
Il suo volto mostra tracce di fatica
di confine, stanchezza di battaglie,
sdegno cupo e severo d'icona bizantina.
Ma la Russia è Europa.
L'ultima Europa, il limes d'Occidente
con quella terra liscia, di nessuno, che è la steppa,
dove imperano le orde a cavallo
che invocano il dio Cielo.
La Russia è la fortezza di cui parla Buzzati
nel suo romanzo più famoso, un territorio
simbolico composto, nella mia memoria
selettiva, da Pushkin, da Gogol e da Cechov,
dai racconti e dalle saghe raccolte
da Afanasiev, e da Dostoevskij,
che ha raccolto la torcia consegnatagli da Shakespeare,
e da quegli anonimi giullari
che stanno ancora componendo le loro epiche byliny,
nobili vestigia della Russia eterna.
(de Bloc de otoño. Colección Palabra de Honor. Visor Poesía, Madrid , 2018)
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