V
de/di Olalla Castro
(trad. Marcela Filippi)
Hace días, nuestros barcos
quedaron atrapados en el hielo.
Decidimos abandonarlos
y dirigirnos hacia el sur,
buscando una salida
a este laberinto que deslumbra.
Ahora devoramos con avidez
las latas de conserva
y seguimos andando.
El viento nos sacude.
Recibimos disparos de escarcha en pleno rostro
y hablamos con la lengua entumecida.
Anoche enterramos en la nieve
los primeros cadáveres.
Pude ver la verdad
en los ojos redondos de los muertos,
como en la bola de cristal de un adivino:
aquello que nos mantiene vivos
nos está envenenando.
Lo mismo que nos mata nos sirve de alimento.
Ese es el castigo
que esta tierra eligió para nosotros.
Da giorni, le nostre navi
sono rimaste intrappolate nel ghiaccio.
Abbiamo deciso di abbandonarle
e di dirigerci verso sud,
in cerca di un'uscita
da questo labirinto che abbaglia.
Ora divoriamo con avidità
le lattine di conserva
e continuiamo a camminare.
Il vento ci colpisce.
Riceviamo spari di gelo in pieno volto
e parliamo con la lingua intorpidita.
Ieri notte abbiamo seppellito nella neve
i primi cadaveri.
Ho potuto vedere la verità
negli occhi rotondi dei morti,
come nella sfera di cristallo di un indovino:
ciò che ci tiene in vita
ci sta avvelenando.
La stessa cosa che ci uccide ci serve da alimento.
Questa è la punizione
che questa terra ha scelto per noi.
(Del libro, Bajo la luz, el cepo. XXII Premio Internacional de poesía «Antonio Machado En Baeza» Ediciones Hiperión. Madrid 2018)
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