de/di Luis Alberto de Cuenca
(trad. Marcela Filippi)
Niña, arranca las rosas, no esperes a mañana.
Córtalas a destajo, desaforadamente,
sin pararte a pensar si son malas o buenas.
Que no quede ni una. Púlete los rosales
que encuentres a tu paso y deja las espinas
para tus compañeras de colegio. Disfruta
de la luz y del oro mientras puedas y rinde
tu belleza a ese dios rechoncho y melancólico
que va por los jardines instilando veneno.
Goza labios y lengua, machácate de gusto
con quien se deje y no permitas que el otoño
te pille con la piel reseca y sin un hombre
(por lo menos) comiéndote las hechuras del alma.
Y que la negra muerte te quite lo bailado.
Fanciulla, strappa le rose, non aspettare domani.
Tagliale a brandelli, forsennatamente,
senza fermarti a pensare se sono buone o guaste.
Che non ne resti nemmeno una. Distruggi i rosai
che troverai sul tuo cammino e lascia le spine
per i tuoi compagni di scuola. Godi
della luce dell'oro finché puoi e rendi
la tua bellezza a quel dio paffuto e malinconico
che va per i giardini instillando veleno.
Godi di labbra e lingua, frantumati di piacere
con chi lo concede e non permettere che l'autunno
ti colga con la pelle inaridita e senza un uomo
(almeno) divorandoti i lineamenti dell'anima.
E che la nera morte ti sottragga di quanto ti sei deliziata.
(de Por fuertes y fronteras, 1996)
Nessun commento:
Posta un commento