(trad. Marcela Filippi)
de/di Javier Sánchez Menéndez
Nunca se pierde la esperanza hasta que por sí sola
[y sin llamarla te dice que ya ha muerto.
Y me llamó una tarde de domingo,
era en el mes de mayo,
marcaba la esperanza con el dedo
y la perdía en el hilo telefónico.
Lo que a ella llegaba eran palabras
un poco averiadas y sin línea,
porque el oportunismo de un instante
parece estremecer lo más sencillo,
y lo sencillo de una insinuación es siempre negativo,
es no tener más ganas
o tal vez apetencias.
Me he preguntado a veces desde entonces
si no marqué otro número distinto,
y si la voz aquella de mujer que respondía
era mi amor o era una vivienda
que no cansaba nunca de negarme,
porque estaba fijando libremente su mirada
y sentía obligación de vacaciones
o de estar sin más comunicando.
Non si perde mai la speranza finché lei da sola
[e senza chiamarla ti dice che è già morta.
E mi ha chiamato una sera di domenica,
era il mese di maggio,
marcavo la speranza con il dito
e la perdevo nel filo telefonico.
Ciò che a lei giungeva erano parole
un po' alterate e senza linea,
perché l'opportunismo di un istante
sembra scuotere quel che è più semplice,
e la semplicità di un'insinuazione è sempre negativa,
è non avere più desiderio
o forse appetito.
Mi sono chiesto a volte, da allora,
se avessi composto un altro numero,
e se quella voce di donna che aveva risposto
fosse il mio amore o una dimora
che non mi stancavo mai di negarmi,
perché stavo fissando liberamente il suo sguardo
e sentivo obbligo di vacanze
o di non continuare ulteriormente a comunicarci.
(Del libro El violín mojado – Seuba, Barcelona, 1991 (1ª ed.) – Libros del Aire, Madrid, 2013 (2ª ed.).
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