de/di Juan Carlos Mestre
(trad MarcelaFilippi)
Nada es la belleza. Mirad el sol,
su lluvia luminosa de pedernal caliente
que humildes hace ser sobre la tierra
los serenos labios y bellos de lo joven.
Ahora sabrás por qué bajo la voz de la noche
mi país se oscurece, campo de tirsos
donde verdea el musgo triste de lo anciano.
No hay consolación, sobre esta piedra
se pudren los ojos del conde Luna
lamidos por la sombra gris del abandono.
Como la nieve que cae sobre los cedros,
como la noche lenta en que reside
y se hace blanca hacia nosotros
su condición tan leve de ceniza.
Toda la noche llamó la noche a los caballos,
toda la noche por un mar de estrellas apagadas
cruzaron mi corazón sus ojos puros.
Como astros sin luz bajo las piedras,
como espejos cansados que no fulgen,
como arenas del mar bajo la nieve.
Pasaron con su corazón tronchando ramas
cruzaron lentos relinchando la espesura
por los calveros súbitos del bosque.
Poderosa es la luz, el tacto de la lluvia
que cae sobre los valles del Seo y de Valcarce,
sobre las aldeas y la alta obsidiana de los montes
y los bosques de encinos y de rojos alerces.
Llueve, llueve en mi corazón y en los oteros de Cela,
llueve sin misericordia sobre los pastizales tiernos
donde plácidos rebaños pacen sumergidos
la hierba nueva del invierno.
Para la contemplación ha nacido la luz su deseo,
para la inmóvil tristeza de la paciencia extendida
que ha dictado la aurora sobre los fríos parajes.
Así la primavera, la tallada pasión de lo que crece
como un ala de dolor sobre los campos se ha dormido,
fuente abandonada que cae sobre los pilos longevos de piedra.
Admítete conmigo, hemos nacido aquí, no moriremos
rebrotará el corazón del légamo sus címbalos
y el agua de apacible bondad al manantial sereno.
Oh flor de la gavanza, oloroso aire del romero
que al paso de las corzas aromas el camino.
Yo te desconozco, castaño donde hoy brujan los hielos
y el cálido soplo de la vida no ha existido.
Mi pueblo, el padre de mi padre,
el triste, el pueblo,
como una dulce bestia ha entrado en el otoño.
Nulla è la bellezza. Guardate il sole
la sua pioggia luminosa di selce incandescente
quanto umile rende sulla terra
le belle e serene labbra di ciò che è giovane.
Ora saprai perché sotto la voce della notte
il mio paese imbrunisce, campo di tirsi
dove verdeggia il muschio triste di ciò che è anziano.
Non c'è consolazione, su questa pietra
imputridiscono gli occhi del conte di Luna
lambiti dall'ombra grigia dell'abbandono.
Come la neve che cade sui cedri,
come la notte lenta in cui risiede
e si fa bianca verso di noi
la sua condizione così lieve di cenere .
Tutta la notte la notte ha chiamato i cavalli,
tutta la notte lungo un mare di stelle spente
i suoi occhi puri attraversarono il mio cuore.
Come astro senza luce sotto le pietre,
come specchi stanchi che non rifulgono,
come sabbie del mare sotto la neve.
Sono passati con il loro cuore troncando rami,
attraversarono lentamente nitrendo lungo
le improvvise radure fitte del bosco.
Potente è la luce, il tatto della pioggia
che cade sulle valli del Seo e di Valcarce,
sui i villaggi e l'alta ossidiana dei monti
e sui boschi di querce e di rossi larici.
Piove, piove nel mio cuore e sui colli di Cela,
Piove senza misericordia sui teneri pascoli
dove placidi greggi pascono sommersi
l'erba nuova dell'inverno.
Per la contemplazione la luce fa nascere il suo desiderio,
per l'immobile tristezza della prolungata pazienza
che ha dettato l'aurora sui luoghi freddi.
Così la primavera, l'intagliata passione di ciò che cresce
come un'ala di dolore sui campi si è addormentata,
fonte abbandonata che cade sui longevi pilastri di pietra.
Ammetti con me, siamo nati qui, non moriremo
germoglierà di nuovo il cuore del limo i suoi cembali
e l'acqua di mite bontà nella serena sorgente.
Oh fiore della rosa selvatica, profumata aria di rosmarino
che al passaggio dei caprioli aromatizzi il sentiero.
Ti disconosco, castagno dove oggi stregano i ghiacci
e dove il calido alito della vita non è esistito.
Il mio paese, il padre di mio padre,
il triste, il paese,
come una dolce bestia è entrato nell'autunno.
De (Antífona de otoño en el valle del Bierzo)
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