domenica 16 dicembre 2018

Un mondo di 91 anni

Da quando l'ho conosciuto , nel 2012, non posso leggere la poesia di Domenico Cara senza associarla allo splendido sorriso da bambino che ancora conserva ai suoi 91 anni. Il poeta continua a farsi sorprendere dalla vita, e a illuminare con la sua parola le ombre silenziose. In una poesia del suo libro "Ciò che si scorge nella diversa macchia", tutti inediti che ho tradotto per Commisso Editore (2014), dice:"Il mio sorridere è allegria non finta". Non è solo il sorriso della sua allegria autentica, incarnata in quella magnifica opera che ha scritto, ma anche la sua amabile leggerezza, in cui l'unica regola codificata sono le buone maniere linguistiche  con le quali affronta il mondo e le sue miserie, la sua grandezza e i suoi enigmi, rendendo verbo affascinante i suoi libri.
Lontano dalle luci, con profondità priva di silopsismo, Domenico Cara ha scolpito una poesia simile alle nuvole che riferisce nella poesia già citata (In un paesaggio d'echi):

"...nubi in riavvio/soffici e sospese in più parvenze terrestri".

Tra ciò che è materiale e sacro, senza mai essere un semplice realista che descrive cose, né un devoto di essenze spirituali, Domenico Cara "si alza/per riscoprire l'equilibrio perso fra/oggetti e minutaglie di carne..." Credo che l'essersi collocato in un punto di conciliazione con la vita, ha permesso a Domenico Cara, di condividere il suo piccolo territorio di illusioni sotto il sole. La poesia che è anche corpo, è la sua vita scritta, e chi la frequenta ha il piacere di leggere una voce inconfondibile che ha questionato tutto, lasciando sul foglio il sapore di una saggezza antica molto rassicurante, insegnandoci anche il senso della misura, oggi così trascurato.

Scrivo questo alla soglia di un viaggio, e lo faccio più dall'emozione che da una distanza letteraria e riflessiva. Lo faccio per onorare la sua opera e la sua amicizia, per me inestimabili. "Imparare ad essere libero è imparare a sorridere", ce lo ha ricordato in più di un'occasione Octavio Paz parlando di Cervantes. A Domenico Cara, custode di quella grazia, ringrazio la nobile lezione del suo sorriso da bambino e da poeta.


Un mundo de 91 años



Desde que lo conocí, en el 2012, no puedo leer la poesía de Domenico Cara sin asociarla a la espléndida sonrisa de niño que mantiene todavía a sus 93 años. El poeta sigue asombrándose de la vida e iluminando con su palabra las sombras silenciosas. En un poema de su libro Ciò che si scorge nella diversa macchia, publicado por Commisso Editore (2014), nos dijo: “Il mio sorridere è allegria non finta”. Y no sólo es la sonrisa de su alegría auténtica, encarnada en la magnífica obra que ha escrito, sino también una amable levedad cuya única regla codificada son los buenos modales lingüísticos con los que se enfrenta al mundo y sus miserias, su grandeza y sus enigmas, haciendo fascinante el verbo de sus libros.

Alejado de las candilejas, con hondura pero sin solipsismo alguno, Domenico Cara ha labrado una poesía parecida a las nubes que refiere en el poema ya citado (In un passaggio d’echi):

“…nubi in riavvio/ soffici o sospese in più parvenze terrestri”.

Entre lo material y lo sagrado, sin volverse un simple realista que describe cosas ni un devoto de esencias espirituales, el poeta “si alza/ per riscoprire l’equilibrio perso fra/ oggetti e minutaglie di carne…”.

Creo que haberse situado en un punto de conciliación con la vida, le ha permitido a Domenico Cara compartir su pequeño territorio de ilusiones bajo el sol. El poema, que es también cuerpo, es su vida escrita, y quien la frecuenta tiene el placer de leer una voz inconfundible que lo ha cuestionado todo, dejando sobre la hoja el sabor de una sabiduría antigua que tranquiliza, y enseñándonos también el sentido de la mesura, hoy tan descuidada.

Anoto esto en el umbral de un viaje y lo hago más desde la emoción que desde una distancia literaria o reflexiva. Lo hago para celebrar su obra y su amistad invalorables. “Aprender a ser libre es aprender a sonreír”, nos recordó Octavio Paz alguna vez, hablando de Cervantes. A Domenico Cara, poseedor de esa gracia, le agradezco la noble lección de su sonrisa de niño y de poeta.

                                                                                                                                                                                      Marcela Filippi Plaza

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