lunedì 18 febbraio 2019

DÍPTICO BARROCO/DITTICO BAROCCO

de/di Santos Domínguez Ramos
(trad. Marcela Filippi)

Homenaje a Valdés Leal
I
In ictu oculi
“Tu sombra espera tras de toda luz.” (Julio Cortázar)
A veces una foto anula el tiempo. Y luego,
si miramos despacio, ya no reconocemos
el gesto ni los ojos que miran al vacío,
ni los labios sellados como un sepulcro etrusco.
Un flash nos deslumbraba. Su resplandor de nieve
ha helado las miradas, ha congelado el vuelo
del pájaro. Y el viento se ha posado en las ramas,
se ha parado en las hojas como la luz sin curso.
Ahí sigue detenida, en su urna secreta,
prisionera en el filo blanco de los instantes,
la memoria, ese pozo con luna y sanguijuelas.
Pero ya no sabemos qué estábamos pensando,
qué tenaz pez de sombra nos nadaba en la frente,
nos hería el corazón con sus espasmos mudos,
mientras nos disparaban con una vieja cámara.
Con su sigilo antiguo, con su cristal opaco,
nos disparaba el tiempo, no un amigo, y por eso
sabemos que hemos muerto, aunque persista
esta torpe costumbre de creernos aquellos.
Éramos la blanquísima
y frágil flor de almendro en los campos de enero.
Y no somos los mismos.
Afortunadamente.
II
Postrimerías
Vuestro siervo está en manos de la muerte.” (Miguel de Mañara)
Igual que los profetas, has visto tu futuro
en el blanco y el negro de la radiografía,
en la imagen grotesca
de tu cráneo con gafas.
Este junio frutal de mieses y tormentas,
con calma y sin angustia,
te has visto centenario y con presbicia.
Y ante eso no hay clamor.
Hay un cuenco severo que recoge el vacío
en la magra oquedad de sus potencias vanas:
aquí la estimativa, la curva poderosa
que fue brillante y rápida, como estrella fugaz ;
allí la arquitectura frugal y desmedrada
de la imaginativa, donde volaron pájaros.
Desnuda ya de vísceras y párpados
y de otras adherencias y recuerdos,
la monda calavera, la calavera miope
con su fulgor corsario,
regala su sonrisa descarnada,
sus guiños imposibles a un tiempo que no es tuyo
ni de nadie, al pabilo
quemado de la vela.
(¡Ah, la vela que apaga
cada mañana el viento
helado de los muertos!)
Sobre el árbol desnudo del invierno,
se habrá posado un cuervo.
Lo mira fijamente
-no sé si con tristeza-
desde la balaustrada serena de su edad
el ángel imperfecto que habita el porvenir.
I
In ictu oculi
"La tua ombra attende dietro ogni luce." (Julio Cortázar)
A volte una foto annulla il tempo. E poi,
se guardiamo lentamente, non riconosciamo più
il gesto né gli occhi che guardano al vuoto,
né le labbra sigillate come un sepolcro etrusco.
Un flash ci abbagliava. Il suo bagliore di neve
ha gelato gli sguardi, ha congelato il volo
dell'uccello. E il vento si è posato sui rami,
si è fermato sulle foglie come la luce senza corso.
Lì è ancora detenuta, nella sua urna segreta,
imprigionata nel filo bianco degli istanti,
la memoria, quel pozzo con luna e sanguisughe.
Ma non sappiamo più a cosa stavamo pensando
quale tenace pesce d’ombra ci nuotava sulla fronte,
ci feriva il cuore con i suoi spasmi muti,
mentre ci sparavano con una vecchia fotocamera.
Col suo antico sigillo, col suo cristallo opaco,
ci sparava il tempo, non un amico, e perciò
sappiamo che siamo morti, anche se persiste
questa goffa abitudine di credere che siamo quelli.
Eravamo il bianchissimo
e fragile fiore di mandorlo nei campi di gennaio.
E non siamo gli stessi.
Fortunatamente.
II
Novissimi
"Vostro servo è nelle mani della morte."
(Miguel de Mañara)
Proprio come i profeti, hai visto il tuo futuro
nel bianco e nel nero della radiografia,
nell'immagine grottesca
del tuo cranio con occhiali.
Questo giugno di semine da frutta e tempeste,
con calma e senza angustia,
ti sei visto centenario e con presbiopia.
E dinanzi a ciò non c'è clamore.
C'è una cavità severa che raccoglie il vuoto
nel sottile pertugio delle sue vane potenze:
qui l’estimativa, la curva poderosa
che fu splendente e rapida, come una stella cadente;
lì l'architettura frugale e smembrata
dall'immaginativa, dove volavano gli uccelli.
Nudo ormai da viscere e palpebre
e da altre aderenze e ricordi,
il lucente teschio, il teschio miope
con il suo fulgore corsaro,
regala il suo sorriso scarnificato,
i suoi ammiccamenti impossibili a un tempo che non è tuo
né di nessuno, allo stoppino
bruciato della candela.
(Ah, la candela che spegne
ogni mattina il vento
gelato dei morti!)
Sopra l'albero nudo dell’inverno,
si sarà posato un corvo.
Lo guarda fisso
-non so se con tristezza-
dalla serena balaustra della sua età
l'imperfetto angelo che abita il domani.

(del libro “Las provincias del frío”)

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