venerdì 26 febbraio 2021

UNA ORACIÓN/UNA PREGHIERA

 de/di Jorge Luis Borges

(trad. Marcela Filippi)

Mi boca ha pronunciado y pronunciará, miles de veces y en los dos idiomas que me son íntimos, el padre nuestro, pero sólo en parte lo entiendo. Esta mañana, la del día primero de julio de 1969, quiero intentar una oración que sea personal, no heredada. Sé que se trata de una empresa que exige una sinceridad más que humana. Es evidente, en primer término, que me está vedado pedir. Pedir que no anochezcan mis ojos sería una locura; sé de millares de personas que ven y que no son particularmente felices, justas o sabias. El proceso del tiempo es una trama de efectos y de causas, de suerte que pedir cualquier merced, por ínfima que sea, es pedir que se rompa un eslabón de esa trama de hierro, es pedir que ya se haya roto. Nadie merece tal milagro. No puedo suplicar que mis errores me sean perdonados; el perdón es un acto ajeno y solo yo puedo salvarme. El perdón purifica al ofendido, no al ofensor, a quien casi no le concierne. La libertad de mi albedrío es tal vez ilusoria, pero puedo dar o soñar que doy. Puedo dar el coraje, que no tengo; puedo dar la esperanza que no esta en mí; puedo enseñar la voluntad de aprender lo que sé apenas o entreveo. Quiero ser recordado menos como poeta que como amigo; que alguien repita una cadencia de Dunbar o de Frost o del hombre que vio en la medianoche el árbol que sangra, la Cruz, y piense que por primera vez la oyó de mis labios. Lo demás no me importa; espero que el olvido no se demore. Desconocemos los designios del universo, pero sabemos que razonar con lucidez y obrar con justicia es ayudar a esos designios, que no nos serán revelados.

Quiero morir del todo; quiero morir con este compañero, mi cuerpo.


La mia bocca ha pronunciato e pronuncerà, migliaia di volte e nelle due lingue che mi sono intime, il Padrenostro, ma lo capisco solo in parte. Questa mattina,  del 1 luglio del 1969, voglio tentare una preghiera che sia personale, non ereditata. So che è un'impresa che esige una sincerità più che umana. È evidente, in primo luogo, che mi è vietato chiedere. Chiedere che i miei occhi non diventino notte sarebbe una follia; so di migliaia di persone che vedono e che non sono particolarmente felici, giuste o sagge. Il processo del tempo è una trama di effetti e cause, per cui chiedere misericordia, per infima che sia, è chiedere che si spezzi un cerchio di quella trama di ferro, è chiedere che si sia già spezzato. Nessuno merita un tale miracolo. Non posso supplicare che i miei errori mi siano perdonati; il perdono è un altrui atto e solo io posso salvare me stesso. Il perdono purifica l'offeso, non l'autore dell'offesa, al quale quasi non riguarda. La libertà della mio arbitrio è forse illusoria, ma posso dare o sognare di dare. Posso dare il coraggio, che non ho; posso dare la speranza, che non è in me; posso insegnare la volontà di imparare ciò che conosco appena o che intravedo. Voglio essere ricordato meno come poeta che come amico; che qualcuno ripeta una cadenza di Dunbar o di Frost o dell'uomo che vide l'albero sanguinare a mezzanotte, la Croce, e pensi che per la prima volta l'ha sentito dalle mie labbra. Il resto non mi importa; spero che l'oblio non tardi. Non conosciamo i disegni dell'universo, ma sappiamo che ragionare con lucidità e agire con giustizia è agevolare quei disegni, che non ci saranno rivelati.

Voglio morire del tutto; voglio morire con questo compagno, il mio corpo.


                                                                                                         (De libro Elogio de la sombra.1969)

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