de/di José Ángel García Caballero
(trad. Marcela Filippi)
De vuelta, en el metro,
alguien que pudo haber sido pescador, los años se cuelan
en su piel y en su frente, se sienta junto a la ventana y mira
el desgaste de las fachadas que, seguramente, conoce
desde hace muchos viajes. Ahora con sus dedos
da cuenta del trasiego de la luz
sobre las casas con movimientos rituales
que recorren su viejo kombolói.
Pasan las estaciones como pasan pequeñas
iglesias a lo largo del trayecto,
lo observo santiguarse cada vez que las ve:
un movimiento rápido, discreto que baja la mirada y promete la paz
con la memoria. Viene del exilio
de sus manos de niño, las llagas anudadas
a favor de los vientos,
y así entiende la ruina, la fatiga del héroe.
Di ritorno, in metro,
qualcuno che potrebbe essere stato pescatore, gli anni s’infilano
nella sua pelle e nella sua fronte, si siede accanto alla finestra e guarda
il logorio delle facciate che, sicuramente, conosce
dai molti viaggi. Ora con le sue dita
finisce lo spostamento della luce
sulle case con movimenti rituali
che ripercorrono il suo vecchio komboloi.
Passano le stazioni così come passano piccole
chiese lungo il tragitto,
l’osservo farsi il segno della croce ogni volta che le vede:
un movimento rapido, discreto, che abbassa lo sguardo e promette la pace
con la memoria. Viene dall’esilio
delle sue mani di bambino, le piaghe annodate
a favore dei venti,
e così comprende la rovina, la fatica dell’eroe.
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