de/di Salvador Tenreiro Díaz
(trad. Marcela Filippi)
La primera palabra del día
tarda casi siempre en aparecer.
Uno empieza siempre muy temprano
a llamar a la puerta de la primera
letra. Si abre toma café con ella
y ensaya a decirla en alta voz.
Recorre sus perfiles hasta que el cielo
del paladar aprueba el sabor preciso
la nota que da la clave.
Todo lo demás es música,
arquitectura de sonidos.
Luego empiezan a llegar
si hay suerte, sonoridades mayores.
Se sabe que esta es la soledad
de toda escritura. La posible
imposibilidad del nombrar.
Todo verso es una hipótesis de trabajo.
A veces basta con el eco
del nombre de una calle.
Una emoción que se desborda.
Si hay suerte construiremos
la casa en que pasar el día.
Sus paredes, las puertas y ventanas
permanecerán en pie
cubiertas
con la misma piel
de las palabras
La prima parola del giorno
ci mette un po’ prima di arrivare.
Si comincia sempre molto presto
a bussare alla porta della prima
lettera. Se apre prende il caffè insieme a lei
e prova a dirla ad alta voce.
Percorre i suoi profili fino a quando il cielo
del palato approva il sapore preciso
la nota che dà la chiave.
Tutto il resto è musica,
architettura di suoni.
Poi cominciano ad arrivare
se c’è fortuna, sonorità maggiori.
Si sa che questa è la solitudine
di tutta la scrittura. La possibile
impossibilità di nominare.
Ogni verso è un’ipotesi di lavoro.
A volte basta l’eco
del nome di una strada.
Un’emozione che trabocca.
Se c’è fortuna costruiremo
la casa in cui trascorrere la giornata.
Le sue pareti, le porte e finestre
resteranno in piedi
coperte
con la stessa pelle
delle parole.
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