de/di Ana Montojo
(trad. Marcela Filippi)
Sé que voy a morir antes del próximo invierno.
Pero he sembrado las patatas, el trigo y las cebollas.
(Isla Correyero)
Estás sola, lo sé, yo no te sirvo.
Por mucho que me duela tu dolor,
es tuyo, solo tuyo, como el mío
únicamente a mí me pertenece.
Hay un velo sutil en las habitaciones
que cubre la ilusión que pusiste en tu casa,
los muebles que elegiste, las alfombras,
los rincones con plantas y los cuadros.
Y ese sofá tan grande donde a veces
te permites llorar cuando estás sola.
La hierba del jardín se ha llenado de escarcha
que un sol titubeante no disuelve.
Seguro que el granado florecerá de nuevo
Y las estrellas verdes del arce japonés
brillarán a la luz de amanecida.
Y me atenaza el miedo a que no puedas verlo.
Hablamos naderías, tú me dictas
la lista de la compra y dejamos a un lado
esta cruel realidad que sobrevuela.
Para no ver al fondo nuestra tristeza mutua
evitamos mirarnos a los ojos
y responder preguntas imposibles.
Una mujer y un hombre
que aún no han cumplido los dieciséis años,
han venido a robarles a tus hijos
su derecho a la ilusa adolescencia;
yo contemplo a mis nietos, maldigo mi torpeza,
mi nula habilidad para encontrar palabras
que sirvan para algo. Tan solo se me ocurre
besarlos y abrazarlos sin sentido.
Intento ir de paseo con la perra
pero ahora no quiere alejarse de casa
ni olisquear la vida por el campo.
−Está rara esta perra –te comento.
−Mamá, no te preocupes,
con los años se ha vuelto perezosa.
Finjo que me lo creo y esbozo una sonrisa.
−Ya me voy, vida mía, hasta mañana.
Llámame cuando quieras si necesitas algo.
Tú me dices adiós, arranco el coche
pero al doblar la esquina me detengo
para limpiar mis gafas empañadas.
So che morirò prima del prossimo inverno.
Ma ho seminato le patate, il grano e le cipolle.
(Isla Correyero)
Sei da sola, lo so, io non ti servo.
Per quanto il tuo dolore mi faccia male,
è tuo, solo tuo, come il mio
appartiene solo a me.
C'è un velo sottile nelle stanze
che copre l'illusione che hai messo nella tua casa,
i mobili che hai scelto, i tappeti,
gli angoli con piante e i quadri.
E quel divano così grande dove a volte
ti consenti di piangere quando sei sola.
L'erba del giardino è ricoperta di brina
che un sole titubante non dissolve.
Sicuramente il melograno fiorirà di nuovo
E le stelle verdi dell'acero giapponese
brilleranno alla luce dello spuntar del giorno.
E mi attanaglia la paura che tu non possa vederlo.
Parliamo del nonnulla, tu mi detti
la lista della spesa e mettiamo da parte
questa crudele realtà che aleggia.
Per non vedere sullo sfondo la nostra reciproca tristezza
evitiamo di guardarci negli occhi
e rispondere a domande impossibili.
Una donna e un uomo
che non hanno ancora compiuto sedici anni,
sono venuti a portarti via dai tuoi figli
il loro diritto all'illusa ’adolescenza;
io contemplo i miei nipoti, maledico la mia goffaggine,
la mia scarsa abilità di trovare parole
che siano utili a qualcosa. Mi viene solo in mente
di baciarli e di abbracciarli senza senso.
Cerco di andare a passeggiare col cane
ma ora non vuole più uscire di casa
né annusare la vita nei campi.
-È strana questa cagna", ti commento.
-Mamma, non preoccuparti,
con gli anni è diventata pigra.
Faccio finta di crederci e abbozzo un sorrido.
-Ora vado, vita mia, ci vediamo domani.
Chiamami quando vuoi se hai bisogno di qualcosa.
Mi dici addio, parto con la macchina
ma quando giro l'angolo mi fermo
per pulire i miei occhiali appannati.
(De El grito de Janis Joplin. Liber Factory, Madrid 2025)
Nessun commento:
Posta un commento