de/di Olalla Castro
(trad. Marcela Filippi)
No escuchamos a Heráclito.
Cuando él dijo «río» fingimos oír
al tiempo que volvíamos
la espalda a la corriente.
No quisimos tocar esa intemperie,
aceptar que una onda minúscula en el agua
es capaz de borrar el rostro que espejea.
Esta fragilidad es lo que somos,
Heráclito lo dijo.
Pero seguimos empeñados
en invocar al sueño
con un sinfín de ovejas
que repiten cada vez un idéntico salto.
Porque amasar a diario lo distinto
implica aceptar que el pan sabe a otra cosa;
que los nombres que inventamos no nos sirven.
Non abbiamo ascoltato Eraclito.
Quando disse «fiume» abbiamo finto di sentire
il tempo al quale giravamo
le spalle alla corrente.
Non abbiamo voluto toccare quell'intemperie,
accettare che un'onda minuscola nell'acqua
sia in grado di cancellare il volto che rispecchia.
Questa fragilità è ciò che siamo,
Eraclito lo disse.
Ma continuiamo ad essere impegnati
ad invocare il sogno
con infinite pecore
che ripetono ogni volta un identico salto.
Perché impastare quotidianamente ciò che è diverso
implica accettare che il pane abbia sapore di qualcos'altro;
che i nomi che inventiamo non ci servono.
(Del libro Inventar el hueso. Premio Unicaja de Poesía 2018. Editorial Pre-Textos 2019)
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