de/di Manuel López Azorín
(trad. Marcela Filippi)
I
Este vivir sin saber desconcierta,
deja un amargo sabor en la sangre.
Por las venas se funden trazo y vida,
son el latido vivo del presente
hecho futuro, ayer, tiempo, palabra
sobre página blanca.
Duda en el corazón y el pensamiento.
Fluye Heráclito y sus aguas se duelen,
cantan, se duelen y cantan alegres.
Cuanto mayor dolor
más conciencia se tiene de estar vivo.
(Que la alegría llega por el llanto
nos dijeron un día.)
Del manantial al mar
todo es dolor y todo es alegría
(Porque todos los sueños se evaporan
y toda realidad tiene su niebla.)
y antes, si fue, no se recuerda ahora
ni se recordará tampoco luego
cuando el olvido nos habite.
Dice mi corazón que un dios existe
y clama su presencia
de amor, siempre de amor, sobre las aguas.
(Sólo es éste el cantar
cuando mi corazónen él se sueña.)
Mas la razón le duda
pues el hombre es libre, y ciego camina
y en tanto desconcierto,
no encuentra la justicia de la altura
ni el amor de la altura recorriendo las aguas.
Aunque el agua del alma nunca muera,
uno es principio y fin
y no existe conciencia de otras aguas
ni antes ni luego de haber sido.
Este vivir sin saber,
este dolor que hace sentir la vida,
paradoja, es el canto,
la sangre, el trazo, el río, y es el agua
que brotó de los cascos de Pegaso.
(Porque Hipocrene existe y está en el Helicón
para apagar la sed que brota dentro
mientras este vivir fluye y se agota)
II
Ese vivir sin saber desconcierta.
Deja en el rostro un amargo sabor,
pone en la sangre un extraño temblor
y hace la duda más grande y abierta.
Duda que deja la vida en alerta
y ante la incógnita, acerca la voz
-hecha ya tiempo en palabras- y un son
canta lo cierto que, muerto, despierta.
Libre por la memoria va la máquina,
siente la vida, sueña, en su cedazo,
yendo de un tiempo a otro tiempo perdido.
Vida que se desangra por la página.
No hay nada más que hacer. Hecho ya el trazo...
todo es silencio ya, todo es olvido.
I
Questo vivere senza sapere sconcerta,
lascia un sapore amaro nel sangue.
Lungo le vene si fondono segno e vita,
sono il palpito vivo del presente
fatto futuro, ieri, tempo, parola
su pagina bianca.
Dubbio nel cuore e nel pensiero.
Scorre Eraclito e le sue acque si dolgono,
cantano, si dolgono e cantano allegre.
Quanto più dolore
si ha più consapevolezza di essere vivi.
(Che la gioia giunge dal pianto
ci hanno detto un giorno.)
Dalla sorgente al mare
tutto è dolore e tutto è gioia
(Perché tutti i sogni evaporano
e tutta realtà ha la sua nebbia.)
e prima, se fu, non lo si ricorda ora
né lo si ricorderà neanche in seguito
quando l'oblio ci abiterà.
Dice il mio cuore che un dio esiste
e clama la sua presenza
d'amore, sempre d'amore, sulle acque.
(Solo questo è il cantare
quando il mio cuore si sogna in esso.)
Ma la ragione dubita di lui
poiché l'uomo è libero, e cieco cammina
e in tanto sconcerto,
non trova la giustizia della sommità
né l'amore della sommità che percorre le acque.
Benché l'acqua dell'anima non muoia mai,
siamo inizio e fine
e non c'è consapevolezza di altre acque
né prima né dopo essere stati.
Questo vivere senza sapere
questo dolore che la vita fa sentire,
paradosso, è il canto,
il sangue,il segno, il fiume, ed è l'acqua
che sgorgò dagli zoccoli di Pegaso.
(Perché Ippocrene esiste e si trova nell'Elicona
per placare la sete che si origina dentro
mentre questo vivere scorre e si esaurisce)
II
Questo vivere senza sapere sconcerta.
Lascia sul volto un sapore amaro,
introduce nel sangue uno strano tremito
e rende il dubbio più grande e aperto.
Dubbio che mette in allerta la vita
e di fronte all'incognita, avvicina la voce
-fatta già tempo in parole- e un suono
canta il vero che, morto, si desta.
Libera dalla memoria va la macchina,
sente la vita, sogna, nel suo setaccio,
andare da un tempo a un altro tempo perduto.
Vita che si disangua lungo la pagina.
Non c'è più nulla da fare. Ormai fatto il segno...
A questo punto tutto è già silenzio, tutto è oblio.
(Del libro Del Desconcierto, 2001)