de/di Angelina Gatell
(trad. Marcela Filippi)
Cuando esos hombres vuelvan a sus vidas,
a sus cosas diarias, su trabajo o sus sueños.
Cuando pongan sus manos
en la esposa o en el hijo,
ya no serán los mismos.
No es posible que vuelvan indemnes, sin memoria,
dejando atrás el odio,
el terror y la sangre
con que se fue cubriendo la tierra que pisaron.
No es posible que olviden
tantan fuentes abiertas de improviso, en los pechos...
No es posible que olviden que olviden los campos arrasados
donde esparcieron
su tristeza o su furia
como simiente única augurando
la cosecha futura.
Ya no serán los mismos.
Volverán sin canciones.
Un profundo cansancio ocupará sus ojos
donde muerte y paisaje,
donde limo y metralla se confunde
para siempre fijados en la absorta pupila.
Ya no serán los mismos
les durará el recuerdo de los días quemados
en lo hoguera del odio,
cuando dieron al viento su desnuda fiereza.
Serán hombres amargos
de silencio y de espino.
Y seguirá la guerra
en un lugar cualquiera
de ese inmenso dominio
donde reina callando,
sin piedad tanta veces.
Y seguirá la guerra mordiendo los hogares
con dentellada oculta.
Y seguirá la guerra presidiendo los días.
Y en las mesas del mundo, a la hora del rito,
entre el pan amasado por las manos del hombre
levantará la guerra su lívido fantasma.
Y rozando la aurora,
junto a lechos nupciales
donde el hombre edifica día a día el futuro
que su instinto reclama,
allí estará la guerra, enturbiando los ojos
de los niños que un día brotarán en el tiempo.
La guerra en todas partes, con su coro terrible
de muertos sin descanso,
de muertos en zozobra,
incumplidos, acerbos,
sin reposo posible.
***
Yo no entiendo sus cantos.
Yo no sé por qué luchan.
Yo no siento en mis venas la inclemente llamada
del horror circulando.
Pero sé que nos queda muy abierta la herida,
muy cansada la tierra;
que el silencio reemplaza la canción de otros días;
que los campos se cubren de ceniza y salitre,
que ni el trigo ni el hombre,
ni la rosa ni el árbol volverá a ser lo mismo.
Quando quegli uomini torneranno alle loro vite
alle loro cose quotidiane, al loro lavoro o ai loro sogni.
Quando poseranno le loro mani
sulla moglie o il figlio,
non saranno più gli stessi.
Non è possibile che tornino indenni, senza memoria,
lasciando dietro l'odio,
il terrore e il sangue
con cui si ricoprì la terra che calpestarono.
Non è possibile che dimentichino
tante sorgenti aperte all'improvviso, nei petti ...
Non è possibile che dimentichino i campi distrutti
dove hanno sparso
la loro tristezza o la loro furia
come unico seme augurando
il raccolto futuro.
Non saranno più gli stessi.
Torneranno senza canzoni.
Una profonda stanchezza occuperà i loro occhi
dove morte e paesaggio,
dove limo scheggia si confondono
fissati per sempre nell'assorta pupilla.
Non saranno più gli stessi
perdurerà in loro il ricordo dei giorni bruciati
nel fuoco dell'odio,
quando diedero al vento la loro nuda fierezza.
Saranno uomini amari
di silenzio e di spino.
E la guerra continuerà
in un luogo qualsiasi
di quell'immenso dominio
dove tacendo regna,
troppe volte senza pietà.
E la guerra continuerà a mordere il focolare
con dentata occulta.
E la guerra continuerà a presiedere i giorni.
E sulle tavole del mondo, nell'ora del rito,
tra il pane impastato dalle mani dell'uomo
scatenerà la guerra il suo livido fantasma.
E sfiorando l'aurora,
vicino a letti nuziali
dove l'uomo costruisce giorno dopo giorno il futuro
che il suo istinto reclama,
lì ci sarà la guerra, intorbidendo gli occhi
dei bambini che un giorno germoglieranno nel tempo.
La guerra ovunque, con il suo coro terribile
di morti senza riposo,
di morti in agitazione,
incompiuti, acerbi,
senza riposo possibile.
***
Io non capisco i loro canti.
Io non so perché lottano.
Io non sento nelle mie vene l'inclemente richiamo
dell'orrore circolando.
Ma so che a noi rimane molto aperta la ferita,
molto affaticata la terra;
che il silenzio sostituisce la canzone di altri giorni;
che i campi si coprono di cenere e di salnitro,
che né il grano né l'uomo,
né la rosa né l'albero saranno più gli stessi.
(de El poema del soldado. Premio "Valencia" de Poesía 1954. Bartleby Editores, edición 2020)
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