venerdì 23 aprile 2021

CUANDO ESTOY ANTE LA HOJA DE PAPEL/QUANDO SONO DAVANTI AL FOGLIO DI CARTA

 de/di María Ángeles Pérez López

(trad. Marcela Filippi)


Cuando estoy ante la hoja de papel

y pienso que la tinta la fecunda,

la ensucia felizmente con su esperma

oscuro y rumoroso como el agua,

me siento tan inútil e incapaz

mirando la fiereza del amor

de otros versos escritos desde antes

que apenas malamente si me sirven;

tan solo es que conozco la teoría

de una parte del libro que alimento

pero a partir de ahí el camino está

sin marcas ni cercado ni balido,

la soledad es mía y solo mía,

las letras más oscuras las anoto

con el aire que expulsan mis pulmones

y es mía la silbante desazón

con que pronuncio sitios y personas

si ya crecí y no puedo sostenerme

y estoy mirando sola el alfabeto

para ver cómo horada sobre el aire,

sobre el cuerpo del tiempo en el que soy,

estelas o señales demoradas.

Por eso mi mirada no es ingenua

o solo en ese resto de primaria

y soleada picazón de la alegría,

porque gané y me hice poseedora

de la zona de sombra incuestionable

con que las cosas miran a la muerte.

También de la torpeza con que miran

el sol y su calor en primavera

si llegan los manzanos a traer

el corcho del sabor ya restallado

como un licor ardiendo en el empeño

inútil e insensato de construir,

de armar un edificio de cristal

para atrapar la sombra de ceniza,

rescoldo que dejamos en el aire.


Quando sono davanti al foglio di carta

e penso che l'inchiostro lo fecondi,

lo sporchi felicemente col suo sperma

scuro e rumoroso come l'acqua,

mi sento così inutile e incapace

guardando la fierezza dell'amore

di altri versi scritti prima

che con difficoltà appena mi servono;

conosco soltanto la teoria

di una parte del libro che alimento

ma a partire da lì il cammino è

senza segni né recinzione né belato,

la solitudine è mia e solo mia,

le lettere più scure le annoto

con l'aria che i miei polmoni espellono

ed è mia la stridula inquietudine 

con cui pronuncio luoghi e persone

se sono già cresciuta e non posso sostenermi

e sto guardando da sola l'alfabeto 

per vedere come perfora nell'aria,

nel corpo del tempo nel quale sono,

scie o segnali ritardati.

Per questo il mio sguardo non è ingenuo

o soltanto in quel resto di primario

e soleggiato prurito di gioia,

perché ho vinto e ho conquistato il possesso

dell'indiscutibile zona d'ombra

con cui le cose guardano la morte.

Anche della goffaggine con cui guardano

il sole e il suo calore in primavera

se i meli giungono a portare

il tappo del sapore già sprigionato

come un liquore che arde nello sforzo

inutile e insensato di costruire,

di modellare un edificio di cristallo

per catturare l'ombra di cenere,

braci che lasciamo nell'aria.


                 (de Catorce vida y una más. Poesía reunida 1995-2012. Diputación de Salamanca, 2020)

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