de/di María Ángeles Pérez López
(trad. Marcela Filippi)
no
las palabras
no hacen el amor
hacen la ausencia
si digo agua ¿beberé?
si digo pan ¿comeré?
Alejandra Pizarnik
Cuando sale el aliento desbocado,
febril o presuroso en su caliente
nube de aire que viaja y que regresa
a mojar de rocío las ventanas,
cada palabra es manto y alboroto,
una forma insensata de querernos.
Cada palabra trae su corazón,
su almendra aprisionada por la lengua.
Si digo pan tal vez no me alimente,
el trigo guarda avaro su tesoro
y no sube la masa a acometer
el cielo de la boca, el paladar,
la amarilla planicie del verano
en que hombres y gorriones se desgastan.
Pero si digo agua, viene a mares,
trae su grito feliz hasta la puerta,
arrasa la matriz de la memoria
y sube hasta el recuerdo enrojecido.
Cuando yo digo agua, no estoy diciendo pan
sino comienzo,
y viene desde lejos con su escarcha,
su fiebre y su esplendor, su poderosa
boca para llevarse los terrores.
Si digo agua, inunda el dormitorio,
escala las rodillas y su miedo,
trae légamo y las piedras de las ruinas
de tantos paraísos fracasados.
Arranca la raíz que nos recibe,
nos devuelve hasta el gesto primigenio
de mirar sorprendidos la belleza,
nos atraviesa y llena con su semen,
fermenta en nuestro día en pan candeal,
hogaza acariciada por el tiempo.
no
le parole
non fanno l'amore
fanno l'assenza
se dico acqua, berrei?
se dico pane, mangerei?
Alejandra Pizarnik
Quando il respiro vien fuori sregolato
febbrile o frettoloso nella sua calda
nuvola d'aria che viaggia e che ritorna
a bagnare le finestre di rugiada,
ogni parola è mantello e tumulto,
un'insensata maniera di amarci.
Ogni parola porta il suo cuore,
la sua mandorla imprigionata dalla lingua.
Se dico pane, forse non mi nutro,
il grano custodisce avidamente il suo tesoro
e la massa non lievita ad invadere
il cielo della bocca, il palato,
la gialla estensione dell'estate
in cui uomini e passeri si logorano.
Ma se dico acqua, arriva una marea,
porta il suo grido felice fino alla porta,
demolisce la matrice della memoria
e sale fino al ricordo acceso.
Quando dico acqua, non dico pane
bensì inizio,
e viene da lontano con la sua brina,
la sua febbre e il suo splendore, la sua bocca
poderosa per portare via i terrori.
Se dico acqua, inonda la stanza,
scala le ginocchia e la sua paura,
porta melma e sassi dalle rovine
di tanti paradisi falliti.
Strappa la radice che ci accoglie,
ci rende perfino il gesto primigenio
di guardare sorpresi la bellezza,
ci penetra e ci riempie col suo seme,
fa fermentare il nostro giorno in pane tenero,
nutrimento accarezzato dal tempo.
(de Catorce vidas y una más. Poesía reunida 1995-2012. Diputación de Salamanca)
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