de/di Luis Antonio de Villena
(trad. Marcela Filippi)
¿Y qué puedo decir? ¿Asentir? ¿Negarlo?
He bajado las escaleras que he bajado
(muy en penumbra, a menudo), me he tendido
con los cuerpos que han sido -con esos precisamente-
aunque no, desde luego, con cuantos he deseado.
Con la vista me voy, sin evitar atajos,
a los lugares aquellos que no sospecha nadie.
A ciertas horas no se llame a mi teléfono;
donde voy aquel rato no lo nombro al amigo
-ese que tiene casa y mujer y empleo asegurado-.
Lo que bebo en tu copa (he hablado de ti
todo el poema) lo adjetivo para que no se entienda.
Lo que hago contigo lo niega mi faz por la mañana.
Por la esquina maleva paso, embozado, muchas noches.
¿Asentir? ¿Negar? Sé bien que se murmura. Pero yo
no hago caso. (Y no se escandalicen los prudentes.)
Que toda vida que se vive plena es vida para escándalo.
E cosa posso dire? Assentire? Negarlo?
Ho sceso le scale che ho sceso
(molto in penombra, spesso), ho giaciuto
con i corpi che son capitati -con quelli precisamente-
anche se non, ovviamente, con quanti ne ho desiderati.
Con la vista vado, senza evitare scorciatoie,
in quei luoghi che nessuno sospetta.
In certe ore non si chiami al mio telefono;
dove vado in quel momento non nomino l'amico
-quello che ha casa e moglie e lavoro assicurato-.
Quello che bevo nel tuo calice (ho parlato di te
per l’intera poesia) l'aggettivo affinché non si capisca.
Quel che faccio con te lo nega la mia faccia al mattino.
Molte notti, lungo l’angolo della perdizione, passo, coperto.
Assentire? Negare? So bene che si mormora. Ma io
non ci faccio caso. (E non si scandalizzino i prudenti.)
Che tutta vita vissuta piena è vita da scandalo.
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