Geórgica (I, 462)
de/di Miguel Veyrat
(trad. Marcela Filippi)
¿Porque quién osaría llamar
embustero al sol? ¿Y quién
querría fiarse de la luz confusa
de la luna? Creímos
adivinar dónde se hallaba
el combate —mas no la poesía.
No nos sentimos capaces
de describir el sentido —sin
buscarlo en la inocencia
con que se dice a sí misma
la palabra, consciente de aquello
que la limita: La propia
herida que recibió Virgilio
vive callada en nuestro pecho
—pues aún reconocemos
al hundir los dedos en el barro
o el aliento, aquél vestigio
de la antigua llama. Mas un la
berinto siempre se aparece en
tre nosotros como patria definitiva:
que se dibuja: Jamás Itaca.
Perché, chi oserebbe definire
menzognero il sole? E, chi
vorrebbe fidarsi della luce confusa
della luna? Abbiamo creduto
di indovinare dove avesse luogo
il conflitto -ma non la poesia.
Non ci sentiamo capaci
di descrivere il senso -senza
cercarlo nell'innocenza
con cui si pronuncia a sé stessa
la parola, consapevole di ciò
che la limita: La stessa
ferita che percosse Virgilio
vive silente nel nostro petto
-poiché ancora riconosciamo
affondando le dita nel fango
o nel respiro, quel vestigio
dell'antica fiamma. Ma un la
berinto appare sempre tra
noi come patria finale
che si disegna: Mai Itaca.
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