RETRATO EN 1987/RITRATTO NEL 1987

de Guillermo Sucre
(trad. Marcela Filippi)

A Mafer

Antes que las aguas que sólo sabemos que son
el Río porque una frágil estela las recorre
-es la misma lancha de la infancia;

antes que en las costas al fondo vayamos discer-
niendo a la ciudad –los brotes de tosco verde,
el manchón blanco de las casas, sus piedras;

antes que ese cielo se vuelva noche, estrellado
silencio –unas nubes blanquísimas ya lo cubren
y el azul se distancia, casi desaparece,

veo tu rostro que me ve, marcado por el dolor
y también la dicha, veo tus ojos que la luz
o la brisa rasgan, veo tu pelo que realza

la blancura de tu tez, el azul intenso del jean
derramándose sobre tu cuerpo, el ancho cintu-
rón ciñendo tu cintura, y veo tu boca, sus labios

que se cierran como imponiendo a la claridad
en vilo del instante una larga memoria,
un rescoldo o una historia trágica,

veo en fin a la dama sin armiño, la muchacha
que se deja tomar una foto frente a Angostura
casi por piedad, por elegancia, reverencia,

casi para no ser un retrato sino un paisaje,
esas aguas ahora densas, o más hondas, esa
ciudad atormentada por sus ruinas, y fluir
con la limpidez de una pasión a la intemperie.

Prima che le acque, che sappiamo solo essere

il Fiume perché una fragile scia le percorre

-è la stessa lancia dell'infanzia;

prima che nelle coste in fondo discer-
niamo la città - i germogli di aspro verde,
il macchione bianco delle case, le sue pietre;

prima che quel cielo diventi notte, stellato
silenzio - delle nuvole bianchissime già lo coprono
e il blu si distanzia, quasi scompare,

vedo il tuo volto che mi vede, marcato dal dolore
e anche dalla gioia, vedo i tuoi occhi che la luce
o la brezza fendono, vedo i tuoi capelli che risaltano

il candore della tua carnagione, il blu intenso dei jeans
spargendosi sul tuo corpo, la larga cintu-
ra cingendo la tua vita, e vedo la tua bocca, le sue labbra

che si chiudono come imponendo al chiarore
in bilico dell’istante una lunga memoria,
una traccia o una storia tragica,

vedo infine la dama senza ermellino, la ragazza
che si fa fare una foto davanti ad Angostura
quasi per pietà, per eleganza, riverenza,

quasi per non essere un ritratto ma un paesaggio,
quelle acque ora dense, o più profonde, quella
città tormentata dalle sue rovine, e fluire
con la limpidezza di una passione alle intemperie.