de/di Manuel López Azorín
(trad. Marcela Filippi)
Te hablaría de Heráclito,
del río que no cambia sus orillas,
del agua que se marcha y no es la misma
como nunca es igual una mañana
ni la luz ni la tarde…
Pero tú no me escuchas, caminas en la sombra,
entre la oscuridad,
y no sabes volver, ir a la luz
que renace hacia el alba para darnos
toda su luminosa claridad.
Te hablaré de Tagore,
del llanto que te impide ver estrellas
para vencer los miedos y las dudas.
La noche está serena,
hay sosiego y la luz, de amanecida,
ha de abrazarnos juntos
para beber a sorbos el agua de la vida
y los ojos, sin lágrimas,
verán la claridad.
Una estación de luz
a la mañana abre la puerta
para soñar que, azul, entra por ella
una mirada limpia y renovada.
Ti parlerei di Eraclito,
del fiume che non muta le sue sponde,
dell'acqua che se ne va via e non è la stessa
come non è mai la stessa una mattina
né la luce né la sera...
Ma tu non mi ascolti, cammini nell'ombra,
in mezzo all'oscurità,
e non sai tornare, andare verso la luce
che rinasce in direzione dell'alba per darci
tutta la sua chiarezza luminosa .
Ti parlerò di Tagore,
dal pianto che ti impedisce di vedere stelle
per vincere le paure e i dubbi.
La notte è serena
c'è calma e la luce, il primo chiarore,
ci coglierà abbracciati insieme
per bere a sorsi l'acqua della vita
e gli occhi, senza lacrime,
vedranno la chiarezza.
Una stagione di luce
al mattino apre la porta
per sognare che, azzurro, vi entri
uno sguardo limpido e rinnovato.
(Del libro Baluartes y violines. Editorial Lastura, 2023)
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