de/di Martín Torregrosa
(trad. Marcela Filippi)
La casa no es hogar ya sin la risa
que agitaba tambores los domingos.
La luna crece fría, y en las calles
la noche áspera se cierra.
Son otros los deseos que nos conducen,
y otros son los violines que interpretan
este adagio inservible.
Sentenciadas de olvido,
las palabras salvajemente vivas
se harán ceniza ardiendo entre los dedos,
frontera intransitable,
equipaje perdido, días
que abriremos con una voz robada
al subconsciente.
La casa no es hogar, no nos habita
la extraña tentación de seducirnos,
las horas van y vienen
ocultas en la extrañeza, solas
como una cicatriz
que esconde tras su trazo
el dolor de la herida.
La casa no es hogar.
Ya no existe razón para quedarse,
mejor dejarlo aquí, junto al silencio,
que mañana será la luz primera
quien pronuncie la última palabra.
La casa non è focolare ormai senza il riso
che agitava tamburi la domenica.
La luna cresce fredda, e lungo le strade
la notte pungente si chiude.
Sono altri i desideri che ci guidano,
e altri sono i violini che interpretano
questo adagio inservibile.
Sentenziate d'oblio,
le parole selvaggiamente vive
diverranno cenere ardendo tra le dita,
frontiera inagibile,
equipaggio perduto, giorni
che apriremo con una voce rubata
al subconscio.
La casa non è focolare, non abita in noi
la strana tentazione di sedurci,
le ore vanno e vengono
nascoste nella stranezza, sole
come una cicatrice
che nasconde dietro il suo graffio
il dolore della ferita.
La casa non è focolare.
Non c'è più motivo per rimanere,
meglio lasciare tutto qui, insieme al silenzio,
giacché domani sarà la prima luce
a pronunciare l'ultima parola.
(De Este olvido inservible. Huerga & Fierro. Madrid, 2022)
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