venerdì 24 agosto 2018

REGRESO DESDE EL PIREO/RITORNO DAL PIREO

De vuelta, en el metro,
alguien que pudo haber sido pescador, los años se cuelan
en su piel y en su frente, se sienta junto a la ventana y mira
el desgaste de las fachadas que, seguramente, conoce
desde hace muchos viajes. Ahora con sus dedos
da cuenta del trasiego de la luz
sobre las casas con movimientos rituales
que recorren su viejo kombolói.
Pasan las estaciones como pasan pequeñas
iglesias a lo largo del trayecto,
lo observo santiguarse cada vez que las ve:
un movimiento rápido, discreto que baja la mirada y promete la paz
con la memoria. Viene del exilio
de sus manos de niño, las llagas anudadas
a favor de los vientos,
y así entiende la ruina, la fatiga del héroe.


Di ritorno, in metro,
qualcuno che potrebbe essere stato pescatore, gli anni s’infilano
nella sua pelle e nella sua fronte, si siede accanto alla finestra e guarda
il logorio delle facciate che, sicuramente, conosce
dai molti viaggi. Ora con le sue dita
finisce lo spostamento della luce
sulle case con movimenti rituali
che ripercorrono il suo vecchio komboloi.
Passano le stazioni così come passano piccole
chiese lungo il tragitto,
l’osservo farsi il segno della croce ogni volta che le vede:
un movimento rapido, discreto, che abbassa lo sguardo e promette la pace
con la memoria. Viene dall’esilio
delle sue mani di bambino, le piaghe annodate
a favore dei venti,
e così comprende la rovina, la fatica dell’eroe.

FRONTERAFRONTIERA

de/di José Ángel García Caballero

Este cielo es más alto.
Me extraña su gramática de luces
sobre los quitamiedos.
Respiro detenido,
incapaz del silencio en esta lengua
que ya no me pregunta cuánto tiempo.
Porque en el fondo te hablo de otra guerra,
de sus nuevas canciones
que se gastan igual en mitad de los valles,
de otro Portbou tras una luna táctil
de llamadas perdidas.
Qué rara la intemperie
de estas calles que apenas son paisaje.
Es otra guerra, sí. Triste como la infancia
en un traje invisible,
días que me repiten los vagones de un tren televisado,
esta blanca metáfora de invierno
y la piel sonrosada de tu mano,
como en aquel anuncio.



Questo cielo è più alto.
Mi stupisce la sua grammatica di luci
sui parapetti.
Respiro trattenuto
incapace del silenzio in questa lingua
che ormai non mi chiede più quanto tempo.
Perché in fondo ti parlo di un’altra guerra
delle sue nuove canzoni
che ugualmente si disperdono a metà delle valli,
di un altro Portbou dietro una luna  tattile
di chiamate perse.
Che strane le intemperie
di queste strade che sono appena paesaggio.
E’ un’altra guerra, sì. Triste come l’infanzia
in un vestito invisibile,
giorni che mi ripetono i vagoni di un treno teletrasmesso,
questa bianca metafora d’inverno
e la pelle rosea della tua mano,
come su quell’annuncio.

TRISTE ROSA


de/di José Cereijo



La triste rosa ha abierto esta mañana sus pétalos al beso (para ella mortal) del aire y de la luz.
Al borde de un abismo prodiga su belleza, esa defensa inútil,
Como si, al revés que nosotros, no buscara con ser la salvación (y aun la desdeñase ocultamente),
Sino una justificación más honda, y de otro orden. ¿Morirá porque debe? –No, no es verdad, no la
                                                                                                                 [defiende su belleza,
Que sólo hace más triste su final. Es en otro lugar donde es invulnerable (pero, ¿cómo entenderlo?):
Allí, en aquello que hace de su muerte, de su vida tan breve, un destino en sí mismo.




La triste rosa ha aperto questa mattina i suoi petali al bacio, per essa mortale, dell'aria e della luce.
Sull'orlo di un abisso prodiga la sua bellezza, quella difesa inutile,
come se, a differenza nostra, non cercasse di essere la salvezza, (ma la disdegnasse ocultamente),
bensì una giustificazione più profonda, e di altro ordine. Morirà perché deve? -No, non è vero, non la
                                                                                                              [difende la sua bellezza,
che rende solo più triste la sua fine. E' in un altro luogo dov'è invulnerabile (ma, come capirlo?):
lì, in ciò che fa della sua morte, della sua vita così breve, un destino, di per sé.

venerdì 20 luglio 2018

AD UN’IGNOTA/A UNA DESCONOCIDA

di/de Guido Gozzano
-sonetto-
(trad. Marcela Filippi)
Tutto ignoro di te: nome, cognome,
l’occhio, il sorriso, la parola, il gesto;
e sapere non voglio, e non ho chiesto
il colore nemmen delle tue chiome.
Ma so che vivi nel silenzio; come5
care ti sono le mie rime: questo
ti fa sorella nel mio sogno mesto,
o amica senza volto e senza nome.
Fuori del sogno fatto di rimpianto
forse non mai, non mai c’incontreremo,10
forse non ti vedrò, non mi vedrai.
Ma più di quella che ci siede accanto
cara è l’amica che non mai vedremo;
supremo è il bene che non giunge mai!

Todo de ti ignoro: nombre apellido,
el ojo, la sonrisa, la palabra, el gesto;
saber no quiero ni pregunto el resto,
como el color de tu cabello querido.
Pero sé que vives en el silencio y tanto
aprecias mis rimas, que este empeño
e hace hermana en mi triste sueño.
¡Oh amiga sin rostro, sin nombre, sin llanto!
Fuera del sueño de pena deplorada,
tal vez, jamás, jamás nos encontremos
tal vez no llegue a verte, ni me verás.
Pero más de la que está al lado sentada,
querida es la amiga que nunca veremos.
¡Supremo es el bien que no llega jamás!

giovedì 19 luglio 2018

A Jorge Muzam (sin respirar)/ A Jorge Muzam (senza respirare)

de/di Pablo Cingolani
Para Jorge Muzam
(trad. Marcela Filippi)
Así estemos lejos
Así la distancia nos separe
Una cordillera nos une
Son las mismas piedras
Es la misma nieve
Es ese horizonte
El que nos hermana
Y nos compromete
De los Andes a los Andes
Desde los Andes hasta los Andes
Siempre los Andes, Jorge,
Ampararán nuestras huellas
Serán la fragua y la forja
De esa pasión compartida
Por esas mismas piedras
Por esa nieve que hermana
Por ese horizonte
Que no ceja de ceder
Que no se rinde jamás
Porque es pura nieve
Es la piedra más pura
Es el horizonte
Más febril
Y el más enamorado
Por esa dicha
Que sólo las piedras
Pueden procurarnos
Por ese calor
Que solo la nieve acuna
Por ese horizonte
Que sólo busca otro horizonte
Y que es siempre el mismo
El único que nos vuelve fuertes
El único que nos vuelve dignos
El único que nos concede vida
El único por el cual vale la pena vivir
El único por el cual vale la pena vivirlo
Como lo vive la piedra
Como lo siente la nieve
Como está escrito en la piedra, en la nieve
En el destino
Como está escrito, tierna y eternamente
En el horizonte
Como está escrito, tierna y poéticamente

En la eternidad.
Benché siamo lontani
Benché la distanza ci separi
Una catena montuosa ci unisce
Sono le stesse pietre
È la stessa neve
È quell'orizzonte
Che ci rende fratelli
E ci lega
Dalle Ande alle Ande
Dalle Ande fino alle Ande
Sempre le Ande, Jorge,
Metteranno al riparo le nostre orme
Saranno la forgia e fucina
Di quella passione condivisa
Per quelle stesse pietre
Per quella neve che fraternizza
Per quell'orizzonte
Che non cessa di dare
Che non si arrende mai
Perché è pura neve
È la pietra più pura
È l'orizzonte
Più febbrile
E il più innamorato
Per quella gioia
Che solo le pietre
Possono procurarci
Per quel calore
Che solo la neve culla
Per quell'orizzonte
Che cerca solo un altro un orizzonte
E che è sempre lo stesso

L'unico che ci rende forti
L'unico che ci rende degni
L'unico che ci dà vita
L'unico per cui valga la pena vivere
L'unico per cui valga la pena viverlo
Così come lo vive la pietra
Così come lo sente la neve
Così com’è scritto sulla pietra, nella neve
Nel destino
Così com’è scritto, tenera ed eterna-mente
Nell'orizzonte
Così com’è scritto, tenera e poetica-mente
Nell'eternità.

 


Pablo Cingolani
Río Abajo, 28 de diciembre de 2017